fbpx
logo Comprami
COMPRAMI
è un brand
del gruppo

Wepa Italia

Lunghe storie di resistenza: la seta

La seta venne originariamente lavorata in Cina già nel 6000 a.C, alcuni studiosi però non sono affatto concordi con questa data e l’avvicinano (addirittura) al 3000 a.C.

È da sempre considerata una delle fibre più preziose, e la sua storia ha intrecciato popoli e culture; Oriente e Occidente. Fu come in una poesia, gli uomini svestirono i loro velli e iniziarono a coprirsi di seta cangiante.

Secondo la leggenda l’imperatrice cinese Hsii Ling Shih, moglie dell’altrettanto leggendario Imperatore Ti, mentre camminava nel giardino del palazzo imperiale, incontrò tra i gelsi un filo sottilissimo. Attratta da questa strana visione iniziò ad avvolgerselo al dito, e più lo arrotolava, più avvertiva un dolce tepore. Seguendo la lunghezza del filo arrivò al punto dove vide il bozzolo da cui proveniva quel sottile filamento, poco distanti, i bruchi del Baco da seta intenti a mangiare le tenere foglie del gelso.

La prima forma di Bachicultura servì ad adornare l’Imperatore e la sua ristrettissima cerchia di “vesti divine”, la cura e la gestione dei preziosi bachi era affidata esclusivamente all’Imperatrice e alle sue dame di corte.

Da qui, la partenza, poi la sua storia continuò.

Typographer

Mancano 161 giorni alla fine dell’anno, in Papua Nuova Guinea si festeggia il Giorno del ricordo, ma soprattutto il 23 luglio del 1829 fu brevettata la prima macchina da scrivere.

Era una scatola di legno, grande ed ingombrante, con una leva all’estremità che abbassandosi imprimeva le lettere, minuscole a maiuscole, su un rotolo di carta. Si chiamava Il Tipografo, titolo originale del brevetto “Typographer”. Il suo inventore, lo statunitense William Austin Burt certo non divenne milionario grazie a questa invenzione, ma riuscì a dare la spinta per una trasformazione fondamentale per la scrittura.

La prima macchina da scrivere con successo commerciale è del 1867, la Remington no. 1 conosciuta anche come “macchina da scrivere Sholes and Glidden”. Il prototipo di questa invenzione fu acquistato dalla E. Remington and Sons che con le dovute modifiche la mise in commercio il 1° luglio 1874.

Fiore all’occhiello nella creazione di macchine da scrivere ha comunque il marchio Made in Italy, e sì, stiamo parlando dell’oggetto cult per eccellenza: Lettera 22 di Olivetti, che ha rappresentato uno status symbol riconoscibile anche oggi nell’era digital.

#Leggimi e vorrai saperne sempre di più.

Storia del paracadute

A quanto pare la storia del paracadute nasce nella prima metà del ‘400 in Italia, ma del suo primo ideatore non ne abbiamo traccia. Sappiamo però con certezza che nel 1485 Leonardo da Vinci disegnò il primo ingegnoso paracadute, aveva una forma piramidale ed era costruito con una intelaiatura di lino inamidato. Nonostante la sua dichiarazione di come tutti si sarebbero potuti lanciare da qualsiasi altezza senza incorrere in rischi, non ci sono nelle cronache di quel tempo testimonianze che qualcuno ci abbia provato.

La prima testimonianza di un lancio vero e proprio si ha in Francia nel 1793 quando Louis- Sebastièn Leonard, si gettò dall’osservatorio di Montpellier con un paracadute a telaio rigido, la sua intenzione era brevettare un sistema per far “saltar fuori” le persone dagli edifici in fiamme. Tra la nutrita folla che ammirava il coraggio e la prodezza, c’era anche Joseph Michel Montgolfiere, un nome che già parla di storia.

Ancora la funzione con cui conosciamo noi oggi il paracadute non era stata pensata, fino al 1797, pochi anni dopo quando, sempre in Francia, André – Jacques Garnerin progettò un paracadute in seta e privo di telaio in legno e si lanciò dall’altezza di 900 metri da una mongolfiera in volo. Garnerin quindi è considerato l’inventore del paracadute.

Tutte le idee che hanno enormi conseguenze sono idee semplici. (Tolstoj)

Lunghi racconti

La storia del bangee jumping risale ad una cultura così lontana le cui tracce si sono perse nella storia. Pare comunque che la sua nascita si collochi in una delle 88 isole che compongono lo stato di Vanuatu, ribattezzata poi isola di Pentecoste dal Capitano Cook quando vi approdò, nel periodo della Pentecoste, nel 1774.
Qui la leggenda del “tuffo sulla terra” narra di una donna che, maltrattata dal marito, decise di fuggire da lui e si arrampicò su un alto albero da frutto. Quando l’uomo la raggiunse lei lo sfidò ad una prova di coraggio: saltare giù dall’albero. I due si buttarono simultaneamente, la donna però si era legata alle caviglie degli alianti. Lui no.
Da allora questo rituale venne ripetuto anno dopo anno per 1550 anni, con l’accortezza sempre rinnovata di legarsi le caviglie.
Un gruppo di studenti di Oxford negli anni ’70, membri del “The Dangerous Sport Club”, colpiti da questa narrazione, e da un filmato del National Geographic, il 1 aprile 1979 saltarono dal Clifton Suspension Bridge (101m) di Bristol legati alle caviglie da corde di caucciù. Destarono stupore e scandalo e vennero anche arrestati dalla polizia locale.
Questa avventura fece però il giro del mondo e colpì l’attenzione del neozelandese A.J. Hackett che studiò il modo si compiere una vera e propria impresa, e nel giugno del 1987 saltò dalla Torre Eiffel (300m). È a lui che si deve il nome “Bangee”, che in slang neozelandese significa proprio “elastico”.

Oggi, il salto più alto al mondo è il Royal Gordge Bridge, in Colorado: 321 metri di vuoto dentro un canyon.

La leggendaria Transiberiana

La ferrovia più lunga del mondo è, da quando fu terminata nell’ottobre del 1916, la Transiberiana che con i suoi 9.288 Km (come 55.000 Bobine Comprami) collega Mosca a Vladivostok.
La Transiberiana ha superato diversi record ed è entrata a far parte dell’immaginario collettivo, come esempio di costruzione ferroviaria unica. In effetti, lo è.
L’inaugurazione ufficiale dei lavori fu il 31 maggio 1891 e la cerimonia si tenne a Vladivostok con la partecipazione dello zarevič Nicola (il figlio dello Zar) che trasportò la prima carriola di terra sui binari. Per completare l’opera ci vollero solo dieci anni, e per mettere in terra così tanti kilometri di binari in un tempo record sono stati impiegati oltre 90.000 uomini, molti dei quali erano lì perché condannati ai lavori forzati. In pratica, sono stati messi a terra 740 Km di binari all’anno.
Il collegamento da Mosca alla città portuale di Vladivostok fu voluto in particolare per muovere le merci più velocemente.
Le città che tocca hanno avuto una rapida risalita economica e si sono sviluppate grazie alla ferrovia che le ha tolte dall’isolamento e le ha messe in comunicazione.
Che cosa significa viaggiare sulla Transiberiana? Vuol dire attraversare due continenti, 1.774 Km di binari sono in Europa e 7.514 Km in Asia, passare indenni attraverso sette fusi orari e toccare città che sono state proibitive fino agli anni ’90 del secolo scorso. La stessa Vladivostok infatti è stata chiusa al turismo fino al 1992. La leggenda vuole che negli anni ’70 due icone della musica internazionale abbiano viaggiato su questo treno, alcune testimonianze vogliono che Iggy Pop e David Bowie siano stati avvistati a Vladivostok. In una lettera di Bowie si legge:

“La Siberia mi ha molto colpito. Per giorni e giorni abbiamo viaggiato in mezzo a foreste maestose, tra fiumi e vaste distese. Non avrei immaginato che al mondo esistessero ancora luoghi così integralmente pieni di una natura incontaminata”.

Cashmere, morbide storie.

L’idea della carezza, la sofficità sulla pelle, quel tepore uniforme che ti scalda e che ti avvolge è la “mano” del cashmere. Questa pregiata fibra tessile ha un’origine lontana, nel senso proprio geografico del termine.

Il suo nome deriva dalla regione Kashmir che si trova a Nord del subcontinente indiano, fra India e Pakistan. Ma la particolarità di questo prezioso tessuto è nell’animale da cui è presa. Si tratta della capra Changthangi che vive solo nelle regioni montuose begli altipiani dell’Asia. Le condizioni climatiche, e la particolare alimentazione di questi animali permettono alla loro lana di mantenere le caratteristiche necessarie per la lavorazione della sua lana. Non tutta la lana della capra può essere utilizzata per il cashmere, la parte più sottile e fine è la peluria del sotto mantello ed è chiamato devet cioè lo strato inferiore soffice e lanoso.

Per raccoglierlo si esegue una pettinatura manuale del mantello durante la stagione della muta, che avviene solitamente in primavera.
I Paesi fornitori più importanti sono: Iran, Mongolia, Tibet e Afghanistan e solo una piccola parte viene prodotta anche nella piccola provincia pakistana del Kashmir.

Leggimi e ne saprai #Sempre di più.